lunedì 6 ottobre 2014

Divina Commedia, Inferno, Terzo Canto, Dante Alighieri



1. Il terzo canto appare subito nuovo:
Emergono le prime forti sensazioni (vista e udito) che portano Dante alle lacrime.
L'impatto con il mondo della sofferenza è immediato, realistico.  

2. Legame con il modello virgiliano
Tuttavia questa novità di linguaggio, si ricollega allo stile di Virgilio, nel VI canto dell'Eneide.
Qui però domina la tragicità del giudizio cristiano in rapporto ad un bene perduto che però c'è e lo si vedrà nel Purgatorio e Paradiso.
In Virgilio rimaneva un forte aspetto melanconico, tipico del mondo precristiano.
  • Da Virgilio riprende lo schema dell'entrata negli Inferi: là Enea era accompagnato all'Acheronte dalla Sibilla; qui Dante è accompagnato da Virgilio. che trovano risposte nella loro guida.
  • Entrambi provano timore e pongono domande Caronte e nei testi uguale è la descrizione del passaggio del fiume infernale, sulla barca di Caronte.
  • Simile inoltre è la straordinaria immagine delle anime, oramai tutte uguali dopo la morte,  paragonate alle foglie autunnali che cadono dai rami in autunno. Anche Dante riprende la stessa triste immagine, che ora però riferisce solo a coloro che sono dannati e che “muoiono nell’ira di Dio”.
3. Rottura con il modello virgiliano
Una rottura con il modello virgiliano è l'incontro a metà del canto con le anime degli Ignavi, coloro che vissero "sanza infiamia e sanza lodo.
Questa è un'invenzione tutta dantesca, non ritrovabile in altri testi.
L'altro elemento di rottura con il mondo classico di Virgilio è il criterio con cui sono state giudicate le anime: sulla porta appare la dicitura che fa riferimento esplicitamente al Dio cristiano, alla Trinità.
l'incontro con i pusillanimi mette subito in mostra il valore della libera scelta  e decisione dell'uomo. rispetto alla visione dell'Eneide di Virgilio, la Divina Commedia acquista una forte connotazione morale: la viltà o la pusillanimità è appunto segno della mancata scelta, un uso cioè sbagliato del libero arbitrio, per il quale l'uomo è tale e vive (che mai non fur vivi).

4. La libertà

Dante dunque al varcar la soglia dell'Inferno, pone il fondamento del suo mondo oltremondano che, come quello cristiano, non ha altro fondamento che l'umana libertà: la pena, come poi il premio, corrisponde a una libera scelta dell'uomo.
per megllio comprendere il senso della scena che si presenta in questo canto a Dante



Il canto si apre con la famosa scritta che è recata sopra la porta d’ingresso dell’inferno.
Dante definisce queste parole “dure” e di “colore oscuro”, poiché non riusciva a comprendere il senso di queste parole; e il poeta Virgilio gli spiegherà che quel luogo è il culmine delle sofferenze, che una volta entrati conviene lasciare ogni paura, e che ogni pusillanimità venga distrutta.
Poi gli spiegò che nell’Antinferno si trovano gli ignavi, coloro che sospiravano, e che durante il corso della loro vita non hanno compiuto nulla e hanno vissuto una vita senza prendere decisioni o responsabilità, in totale passività.
Quindi la loro pena, secondo la legge del contrappasso, è quella di essere costretti a correre eternamente dietro una bandiera, inseguiti da mosconi e insetti, che li pungono e il loro sangue cade a terra e diventa cibo per i vermi.
Tra ignavi Dante riconosce una figura che non avrebbe mai voluto incontrare; per l’immenso sdegno non ne pronuncia neanche il nome, per questo rimane un alone di mistero attorno alla sua persona: con molta probabilità però si pensa che si tratti del papa Celestino V.
Dante proseguendo avanti scorse un fiume, l’Acheronte, e una lunga fila di anime dannate che era impaziente di oltrepassarlo e raggiungere la riva opposta.
Colui che traghettava queste anime era il demonio Caronte.
Caronte urlava alle anime che si agitavano di stare quiete e di non lamentarsi, percuotendo quelle anime che lo facevano. Poi, vedendo Dante, cominciò ad arrabbiarsi poic
hé lui era vivo, ma Virgilio gli disse di non gridare, perché quello era un volere di Dio.
Caronte aveva trasportato eccezionalmente solo anime vive: Dante, Persefone, Enea, Teseo, Piritoo, Ercole, Odisseo, Orfeo, Deifobe e San Paolo.
Le anime, nel frattempo, bestemmiavano dal dolore contro Dio, i loro antenati e coloro che li avevano messi al mondo, maledicendo il giorno in cui erano nati, e tremando di inquietudine. Quando la situazione sembrò acquietarsi, Virgilio con tono dolce gli spiegò il motivo per cui quelle anime volessero attraversare il fiume a tutti i costi: poiché in quel luogo convenivano tutte le anime dannate ed erano ansiose di attraversare il fiume perché la giustizia divina li stimolasse in modo che il timore della pena si trasformasse in desiderio di affrontarla. Appena Virgilio ebbe finito di parlare ci fu un terremoto, e la “terra lagrimosa” ovvero la terra bagnata dalle lacrime, sprigionò un vento che produsse una luce rossa che fece perdere i sensi a Dante, che cadde come un uomo preso dal sonno, e svenne.

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